Sei personaggi in cerca d’autore al Marconi | Recensione

Sei personaggi in cerca d'autore al Marconi | Recensione

Claudio Boccaccini porta in scena Sei personaggi in cerca d’autore al Teatro Marconi, quinto spettacolo della rassegna estiva del teatro romano. Una messa in scena suggestiva e articolata per uno dei drammi più emblematici di Pirandello.

«N.B. La commedia non ha atti né scene. […] Troveranno gli spettatori, entrando nella sala del teatro, alzato il sipario, e il palcoscenico com’è di giorno, senza quinte né scena, quasi al bujo e vuoto, perché abbiano fin da principio l’impressione d’uno spettacolo non preparato».  

Così Pirandello, all’inizio di Sei personaggi in cerca d’autore, mette a parte il pubblico di quello che sta cominciando a narrare. Anzi no, a mettere in scena.

Sei personaggi in cerca d'autore al Marconi | Recensione

Sei personaggi in cerca d’autore – Locandina Teatro Marconi

Il regista Claudio Boccaccini, che è stato allievo di Josef Svoboda e Nikita Mikhalkov e che nella sua carriera ha portato in scena Aristofane, Shakespeare, Dostoevskij, Cechov, torna al Teatro Marconi con un adattamento del dramma pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore, quinto appuntamento della rassegna estiva 2024 del Teatro Marconi.

Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello

Era il 1921 quando Pirandello, già narratore di successo e drammaturgo, lo rappresentò per la prima volta al Teatro Valle di Roma. Qui non si racconta più («Qui non si narra! Non si narra!», urla nel mezzo del dramma uno dei personaggi), ma si drammatizza. Da questo momento in poi Pirandello non scriverà più – o quasi – racconti, ma farà teatro. Un teatro che, all’inizio, fu difficile far comprendere al pubblico, il quale, al termine della prima rappresentazione, gridò allo scandalo. «Manicomio, Manicomio!», gridavano tutti, sconcertati da un folle spettacolo senza né capo né coda. 

Un teatro nuovo, definito da Camilleri «quintessenza del dramma moderno», e troppo semplicisticamente riposto nel cassetto dei testi che hanno dato forma al filone del “teatro nel teatro”. 

La verità è che il tipo sempre monolitico e piatto del teatro precedente ora lascia il posto a un personaggio più complesso, che porta sul palco il dramma della propria esistenza e il tormento della sua vita interiore. 

Sei personaggi in cerca d’autore al Teatro Marconi

Al Teatro Marconi, Felice Della Corte, Silvia Brogi, Claudio Boccaccini, Marina Benetti, Gioele Rotini, Marco Lupi, Titti Cerrone, Marco Pratesi, Andrea Meloni, Jessica Agnoli, Fabio Orlandi, Fabio Crisafulli e Asia Maria Iannilli interpretano, con il lutto addosso, il Padre, la Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina, che – nella pièce pirandelliana – irrompono sul palco e interrompono le prove di una compagnia amatoriale che recita Il giuoco delle parti a copione. I sei personaggi sono rimasti orfani del loro autore, che ha abbandonato il lavoro per avvilimento e disamore verso il teatro, ormai finto e vuoto. Anche il pubblico, nel tempo, è cambiato e ha difficoltà ad accettare la verità delle cose. 

Vestiti di nero, invadono il teatro con un colpo scenicamente efficace e suggestivo, e implorano il regista di diventare autore del loro dramma. La scena si affolla, divisa tra i sei personaggi, che raccontano il dramma in cui il loro autore li ha gettati e poi abbandonati, e gli attori della troupe teatrale, che si accingeva a iniziare le prove de Il giuoco delle parti. La commedia recitata è sospesa, il sipario non serve più.

Sei personaggi in cerca d'autore al Marconi | Recensione

Sei personaggi in cerca d’autore – Fotografie di Marco Picistrelli

La messa in scena procede così: da un lato gli attori infastiditi per l’irruzione improvvisa dei sei e per l’interruzione del lavoro già avviato, dall’altro i personaggi che non accettano che siano altri attori a interpretare il dramma che hanno vissuto. Soltanto loro – e non altri attori istruiti a dovere – potranno portare sulla scena il dramma di cui sono protagonisti. Ogni tentativo di interpretazione della loro storia con “distacco di fredda spigliatezza” risulta ridicolo, tanto quanto l’idea di edulcorare la verità.                                                                                                               

«Ma è tutto già accaduto, sapete già che cosa sta per succedere», commentano gli attori, di fronte alle reazioni esasperate dei personaggi.

Ma il loro è un dramma che si rinnova ogni volta che viene portato sulla scena e, istante dopo istante, offre ai personaggi una promessa di eternità e la possibilità di cambiare la loro sorte. Magari questa volta la Madre si accorgerà, prima che sia troppo tardi, che l’atelier di Madama Pace è un bordello e che suo marito sta per offrire alla Figliastra una busta cilestrina con 100 lire in cambio della sua virtù. 

Il dramma della comunicazione

Sono nati personaggi, loro. Sono essi stessi il copione, impazienti di rappresentarlo così come dentro urge. Il loro dramma non è soltanto quello di una donna – «povera donna» – che si è lasciata corrompere da due uomini – «e no, lo ha scelto!» – dai quali ha avuto quattro figli, di cui tre additati come bastardi dal primo, unico legittimo. O quello di una ragazzina che, per non compromettere l’impiego della madre come sarta per Madama Pace, accetta di prostituirsi. E ancora, quello del figlio legittimo che aspira a preservare la “solida sanità morale” della sua famiglia, ma poi rischia di farsi sedurre dalla sorellastra. 

Ma è soprattutto il dramma del male che è nelle parole, nella incomunicabilità tra gli uomini, che mettono in quel che dicono le intenzioni che hanno in mente mentre chi ascolta decifra tutto con gli schemi mentali che gli appartengono. Crediamo di intenderci, ma non ci intendiamo mai.

«Manicomio! Manicomio!» Lo ripete anche il capocomico sulla scena. «Questo è racconto, non drammaturgia. Letteratura, di basso livello». 

L’illusione della vita

Il teatro si fa vita e la vita teatro, narrazione di un dramma che è di tutti ed è sempre uguale. Il metateatro pirandelliano prende forma e sostanza in questa messa in scena che riesce a mettere a nudo le dinamiche che animano, dall’interno, il teatro. Si tratta di una dichiarazione programmatica cheanticipa quello che il teatro pirandelliano diventerà: un laboratorio multiforme che studia e poi tornisce le contraddizioni dell’uomo e del mondo, senza più badare alle unità del teatro tradizionale e senza quarta parete tra attori e pubblico. Senza più filtro, se non la bellezza dell’arte.

L’illusione non fa più parte del teatro. È una parola crudele, un giuoco d’arte che non ha più senso. I Personaggi non hanno illusione fuori dalla loro realtà. Questa è unica, e come tale deve essere vera, nuda, proprio come la Figliastra di fronte al Padre nella casa d’appuntamenti di Madama Pace. A un tratto, la Bambina si sporge in una vasca. La Bambina annega, è sola. Anzi no, dietro di lei c’è il Giovinetto con una pistola sulla tempia. Il rumore della pistola mescola le carte e il dramma di ieri si mescola al dramma di oggi

Spettacolare. Imperdibile. Recitazione sublime e regia impeccabile.

Ma è finzione o è realtà? Finzione e realtà. Lo sapete voi?

Fonte immagine in evidenza e all’interno dell’articolo: Fotografie di Marco Picistrelli

 

A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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