Recensione di Stoccolma, nuovo spettacolo di Antonio Mocciola
Odio. Paura. Ribrezzo.
Affetto. Empatia. Fiducia.
La sindrome di Stoccolma, quel legame viscido e paradossale che lega sequestratore e vittima, è una perfetta metafora dei rapporti umani e di come la loro natura sia sempre più fluida ed instabile. E così accade che, tra amanti, figli e genitori, amici, si instauri un tira e molla perverso che porta con sé uno strascico di fobie, paranoie, esaurimenti nervosi e depressione.
Stoccolma, nuovo spettacolo di Antonio Mocciola, andato in scena al Teatro Avanposto, racconta perfettamente alcune di queste dinamiche e le loro inevitabili quanto imprevedibili conseguenze.
Stoccolma, complessi e non solo
Il fallimento di quell’ultimo esame, il sentirsi senza un posto nel mondo, non amato, non compreso e non accettato dai genitori.
L’insieme di questi drammi conduce Gianluca Landi (Michele Capone, al suo debutto assoluto) a voler punire con il rapimento e l’umiliazione il professore (Antonio De Rosa) che, con le sue numerose e (a detta sua) ingiustificate bocciature, gli sta precludendo la possibilità di laurearsi. Nudo, sporco, ed indifeso, il docente si ritrova alla mercé del suo aguzzino, che in lui rivede l’indifferenza e la mancanza di amore di suo padre. Il rapporto che si instaura tra i due va costruendosi scena dopo scena (ottima la regia di Maria Verde), e questo crescendo, che va di pari passo con la narrazione, offre spunti di riflessione continui agli spettatori. In primis, su quale ruolo rivesta il padre oggi nell’economia sentimentale ed emotiva dei figli, piccoli Telemaco che si vengono a trovare senza reali riferimenti genitoriali. E, in secondo luogo, sull’accettazione di sé e di come l’essere gay – tratto meramente legato alla sfera sessuale – condizioni il rapporto con l’altro e con l’altro nel sistema società – mondo. Non meno importante è la dialettica sull’università, sulla corsa spietata al 30, alla laurea, alla produttività, che tanti morti suicidi si sta lasciando alle spalle.
Tante domande, poche, pochissime risposte.
Uno spettacolo ben riuscito
Finalista del premio drammaturgia Carlo Annoni 2021, Stoccolma, interpretato in modo impeccabile e sapientemente messo in scena, vede nelle battute finali un imprevedibile cambiamento di prospettiva, un confronto epifanico tra i due che si interfacciano finalmente con sincerità e senza veli. Messe da parte violenza, rabbia e frustrazioni, tornati al cuore delle cose, che vede sempre una carezza di umanità a contornarle, c’è forse un barlume di speranza col quale scaldarsi – o almeno avere l’illusione di poterlo fare.
Uno spettacolo violento al punto giusto, crudo, cinico sulla sua indiscutibile veridicità.
Uno spettacolo da non perdere, insomma.
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STOCCOLMA di Antonio Mocciola
Con Antonio De Rosa e Michele Capone
Regia Maria Verde
Musiche originali Antonio Gillo
Collaborazione all’allestimento Bruno Garofalo
Assistente alla regia Katia Girasole
Addetto luci Antonio Passante