Un giorno come un altro, al Teatro Nuovo | Recensione

Un giorno come un altro, al Teatro Nuovo | Recensione

La stagione 2024/2025 del Teatro Nuovo di Napoli prosegue con un altro spettacolo: Un giorno come un altro, di Giacomo Ciarrapico, con Luca Amorosino e Carlo De Ruggieri, andato in scena dal 5 all’8 dicembre.

Un giorno come un altro, una frase non così scontata

Una stanza anonima, definita solo dal numero 4607, come seggio elettorale e due scrutatori, due uomini completamente in antitesi sulla vita e sui modi di concepire il loro ruolo: Un giorno come un altro è la narrazione di un giorno che dal punto di vista di una certa coscienza politica e sociale è fondamentale per tutti i cittadini italiani aventi diritto, ovvero il giorno delle elezioni. Eppure, dopo un’attesa carica di aspettative nonché molto significativa, quegli stessi cittadini italiani non si presentano, rendono banalmente un momento qualunque, come un altro appunto, un evento che dovrebbe essere così importante. Si parla di astensione, un tema quanto mai attuale, soprattutto per la storia italiana odierna, a cui Luca Amorosino e Carlo De Ruggieri, guidati dalla scrittura scenica e dalla regia di Giacomo Ciarrapico, danno vita e finanche una certa accessibilità con una sottile ironia evocativa.

Si legge nelle note dello spettacolo Un giorno come un altro: «Un seggio elettorale è a modo suo un luogo simbolo di una democrazia. Quel semplice gesto, ossia votare, per anni è stato considerato quasi sacro da molti italiani, ma con il passare degli anni c’è stato uno scollamento sempre maggiore tra Paese reale e classe dirigente. E questo fenomeno ha provocato un disinteresse dilagante da parte dei cittadini nei confronti di quel gesto sacro: a ogni tornata elettorale, la prima vera notizia è la crescente astensione degli aventi diritto. È, secondo gli analisti, una malattia irreversibile. Qui si racconta quel giorno in cui l’astensione raggiungerà livelli quasi assoluti e solo il quattro per cento della popolazione andrà a votare».

Una verità paradossale?

Si metta una stanza, un seggio elettorale proprio come lo sarebbe in qualsiasi immaginario, con due scrutatori nell’attesa carica di aspettative e quasi ansiosa per giunta della folla di cittadini che hanno il diritto di votare; ma si metta che tutto questo non accade, che è semplicemente Un giorno come un altro: sarebbe davvero così paradossale? O, al contrario, sarebbe una verità portata sicuramente all’estremo ma raccontata comunque in tutta la sua cruda realtà?  E l’intento dello spettacolo di Ciarrapico è proprio questo, ovvero quello di portare in sé e di offrire alla platea un messaggio di denuncia sociale, di quanto nel corso della storia si abbia lottato strenuamente per ottenere il diritto di voto, simbolo effettivo della democrazia, e di quanto questo stesso diritto venga ormai banalizzato e trattato con quel qualunquismo sempre più dilagante in Italia.

Ma è altrettanto interessante notare che Un giorno come un altro dà la possibilità di prendere visione della medaglia e anche del suo rovescio. Infatti, questa denuncia satirica che permea l’intera pièce non viene indirizzato soltanto a quei cittadini italiani che come un Godot tanto atteso non si presenteranno mai all’elezioni, bensì secondo un movimento circolare vizioso è restituito anche alle stesse istituzioni che governano. Durante la convivenza forzata nel seggio elettorale per un’intera giornata, i due scrutatori mettono a nudo le loro diversità, ma in modo particolare le dinamiche relazionali da un punto di vista sociale: uno ligio al dovere e penalizzato, l’altro spavaldo e premiato. Ancora una volta, è davvero una verità così paradossale?

Fonte immagine: Ufficio Stampa

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

Vedi tutti gli articoli di Francesca Hasson

Commenta