Fino a Venerdì 11 marzo presso Home & More in via Santa Brigida 72 a Napoli è in mostra Segni di Stefania Raimondi, a cura di Chiara Reale nell’ambito della rassegna Say no to trash a cura di Sabrina Vitiello.
Segni è un progetto con il quale Stefania Raimondi riesce a far esprimere al materiale le caratteristiche intrinseche, per restituire opere che vanno ben oltre la mera volontà descrittiva.
In sintonia con la rassegna Say no to trash, l’esposizione di Stefania Raimondi presenta lavori su materiali riciclati. Olio, carboncino e calce su legni e cartone sono stati usati per far emergere dalla materia stessa i soggetti che si espongono agli sguardi dell’osservatore. Segni, come quelli delle venature delle tavole, come la porosità dei cartoni, vengono portati alla luce per voler dichiarare l’animo già presente nel pezzo di materiale, che può risultare senza vita solo a chi non possiede uno sguardo sensibile come quello dell’artista.
Fin dal ritrovamento è il materiale stesso a raccontare il suo percorso, la sua vita con i segni che indissolubilmente porta con sé, come una pelle segnata dallo scorrere del tempo, come esseri segnati dalle esperienze vissute. È fondamentale capire come Stefania Raimondi sia riuscita a far trapelare la storia dei materiali come una linea temporale, non più interrotta, bensì con la volontà di riprendere la narrazione dal momento dello scarto, al successivo ritrovamento, per poter recuperare la storia vissuta, unita a quella che c’è ancora da raccontare.
Il progetto dell’artista non è da intendere quindi come la capacità di voler ridare vita nuova a degli oggetti destinati alle discariche, bensì come totale volontà di dare la possibilità di continuare l’esistenza a forme già consolidate e plasmate dall’uso.
In Segni si legge la riconoscibilità dell’opera con il suo valore eterno, senza tempo, senza fine.
Figure trascendenti, che scrutano il mondo che le circonda, in pose e gesti umani, ma che danno la sensazione di avere d’umano esclusivamente le sembianze, oppure i soggetti possono considerarsi come troppo umani, con accezione qualitativa, per essere riconosciuti come figure antropomorfe. Stefania Raimondi spiega come “i supporti”, già con la loro vocazione ascoltata al momento del ritrovamento, dettano la loro immagine che esclusivamente l’artista riesce a rendere visibile ai fruitori delle sue opere: “Trovo il legno in maniera casuale ed osservandolo mi trasmette un’idea. Il lavoro prende forma in corso d’opera con chiari suggerimenti che provengono dal supporto stesso“.
Il progetto di Stefania Raimondi rappresenta a pieno la bellezza originaria delle cose intesa anche anche come eterna, forse “l’aura” di cui parla Walter Benjamin ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Spiega Chiara Reale come con Segni siamo di fronte ad un’opera d’arte universale, lontana dal concetto di “arte usa e getta”.