Luci e ombre sul monumento funebre del grande poeta di Recanati.
Giacomo Leopardi ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a Napoli. Egli, infatti, è morto nella città partenopea il 14 giugno del 1837, all’età di quasi 39 anni. Il soggiorno napoletano di Leopardi ha avuto inizio nell’ottobre del 1833, grazie all’ospitalità dell’amico Antonio Ranieri. La città, oltre ad offrire un clima mite che avrebbe giovato alla salute malferma del poeta, era anche sede di vivaci salotti culturali e un importante centro artistico e letterario, al pari di Londra, Parigi e di altre grandi capitali europee. L’accoglienza però non è stata quella che Leopardi si aspettava: i napoletani lo guardavano con diffidenza a causa della cifosi dorsale che lo aveva reso gobbo. A Torre del Greco, Leopardi ha scritto anche “La ginestra”, il componimento poetico che, attraverso l’immagine del fiore che cresce alle pendici del Vesuvio, rappresenta il testamento spirituale del poeta di Recanati. Oggi la tomba di Leopardi è situata all’interno del Parco Vergiliano di Piedigrotta. Tuttavia, la storia della sepoltura e dell’identificazione delle spoglie conservate con quelle del poeta è, ancora oggi, particolarmente controversa e avvolta da un alone di mistero.
La tomba di Leopardi: il monumento al Parco Vergiliano
Al tempo della morte di Leopardi, Napoli era nel pieno di un’epidemia di colera e vigevano rigide norme igieniche per limitare la diffusione della malattia. Secondo la testimonianza dell’amico Ranieri, contenuta all’interno del suo libro “Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi”, sarebbe stato proprio lui a salvare il corpo di Leopardi dal triste destino di finire in una fossa comune. I resti del poeta recanatese furono inumati dapprima nel pronao della chiesa di San Vitale a Fuorigrotta, dove vi rimasero fino al 1939, quando furono poi traslati nel Parco Vergiliano.
Il Parco era stato inaugurato ufficialmente nel 1830, in occasione del bimillenario delle celebrazioni virgiliane e, oltre ad ospitare la tomba di Leopardi, accoglie anche la Tomba di Virgilio e la Crypta Neapolitana, due monumenti di epoca romana, i quali divennero una delle mete privilegiate dei Grand Tour ottocenteschi e che furono visitati anche dallo stesso Leopardi.
La tomba di Leopardi si trova in una grotta artificiale in cima alla prima salita del parco. Il monumento funebre è costituito da una semplice ara alta, di forma quadrata, sulla quale è inciso il nome del poeta. Sul lato destro invece è situata la lapide che Antonio Ranieri fece apporre nel 1844 alla prima tomba di Leopardi nella chiesa di San Vitale. Su di essa troviamo una lucerna, simbolo dello studio, una civetta che rappresenta la sapienza e l’uroboro che rimanda all’eternità, mentre di lato vi è una seconda lapide su cui è possibile leggere l’editto con cui il re Umberto I, nel 1897, proclamava la tomba del poeta “Monumento Nazionale”.
Perché la testimonianza di Ranieri non convince?
Il racconto di Ranieri sulla sepoltura di Leopardi e sui suoi resti è ricco di contraddizioni e lo scrittore ne ha fornito diverse versioni. Si sospetta addirittura che l’amico fraterno del poeta abbia inscenato un funerale a bara vuota per nascondere il fatto che il corpo di Leopardi è forse stato deposto nelle fosse comuni del Cimitero delle Fontanelle o nel Cimitero delle 366 fosse.
Il mistero si infittisce. Ulteriori indizi contro le parole di Ranieri provengono da una prima ricognizione fatta all’interno del sepolcro di Leopardi nel 1889, nel quale furono trovate solo parte delle ossa. Il riconoscimento ufficiale venne messo in atto nel 1900 e nella cassa, ritenuta troppo piccola per contenere lo scheletro di Leopardi, furono rinvenuti pochi frammenti ossei e un femore sinistro intero, troppo lungo per essere appartenuto ad un uomo di bassa statura quale era, invece, il poeta. Inoltre, insieme alle spoglie erano conservati anche una scarpa con il tacco e alcuni stracci, mentre non c’era traccia del cranio e di parte dello scheletro. Nonostante molti particolari non tornassero e la vicenda fosse parecchio sospetta, il caso fu chiuso frettolosamente e fu confermato che si trattava dei resti di Leopardi. La stessa famiglia del poeta cominciò a dubitare che quello conservato al Parco Vergiliano non fosse parte dello scheletro di Leopardi, ma non ritenne opportuno fare un’ulteriore riesumazione e preferì non manomettere e rispettare il monumento sepolcrale in suo onore.
Il destino di Leopardi in vita, come tutti sanno sicuramente tramite gli studi scolastici, fu particolarmente doloroso e infelice e, a quanto pare, neppure il suo corpo dopo la morte ha avuto pace e, soprattutto, una degna sepoltura. Ma, seppure non si verrà mai a capo del mistero legato alla tomba di Leopardi, il suo spirito resterà per sempre unito a quello di Napoli e il fatto che il poeta abbia trascorso la fase finale della sua vita proprio nel capoluogo partenopeo sarà sempre un grande onore e privilegio per i suoi abitanti, oltre che una tappa fondamentale della storia della città.
Fonte immagine: Wikipedia.